In limine
Da sempre la maschera partecipa di una natura identitaria ambigua, non risolta nell’antitesi tra due stati contrapposti: il dualismo che per consuetudine divide spazialmente l’interno soggettivo dall’esterno oggettivo si assottiglia in un luogo indecidibile, di passaggio, in cui l’identità è allo stesso tempo un dischiudersi del sé e un rinchiudersi in un oggetto codificato. Con un rovesciamento di piani inconsueto le immagini rivelano la parte interna della maschera, quella che con l’uso rimane inaccessibile, costretta tra due fronti giustapposti e per statuto mai coincidenti, riattivandone il senso e il potenziale espressivo e dando luogo a una riflessione sull'accessibilità alla percezione di sé e sulle incongruenze (o sorprese) che questa comporta.
Devo una parte importante della mia fascinazione verso il tema del rovesciamento e dell'impasse tra senso e rappresentazione al Quadro girato di Cornelius N. Gijsbrechts. Trovo che il processo fotografico presenti talvolta lo stesso grado di ambiguità e di impronta paradossale e non coincidente intrinseco alla maschera, trattenendo e proiettando segni che nel passaggio tra il dentro e il fuori restano sospesi in un luogo impreciso, di transizione, che rimane nascosto o poco accessibile, per quanto in parte formalmente esibito in immagine. < 7 / 7
|